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Il Coronavirus contagia la rete, i brand rispondono

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Anche il più tragico fatto di cronaca può trasformarsi in un meme e il 2020 ce lo sta dimostrando alla grande: abbiamo iniziato l’anno con i meme sulla Terza Guerra Mondiale che sembrava imminente, poi è subentrato il Coronavirus con meme prima in versione internazionale e poi “Made in Italy”, per prendersi gioco delle contraddizioni e delle ipocondrie degli italiani.

Si è fatta molta ironia sulle mascherine, sul Virus che riduce i contatti sociali (per la gioia di molti) e sull’igiene che sembra divenuta una priorità solo in vista di una possibile pandemia, con Barbara D’Urso che, in diretta, fa “tutorial” su come lavarsi le mani: meglio tardi che mai!
Al centro dei meme più popolari c’è sicuramente l’Amuchina, con il suo gel igienizzante per le mani, che viene dipinta come la merce più rara e preziosa sul mercato (“Il mio tesssoro!” direbbe Gollum de Il Signore degli Anelli), con battute sui guadagni stellari dell’azienda a fronte di un fantomatico rincaro dei prezzi.

A quest’ultima accusa, Amuchina ha risposto direttamente sul suo sito internet, negando una variazione di prezzo.

Sempre parlando di igiene e di precauzioni, ha causato polemica un tweet della celeberrima Taffo Funeral Services che, ironicamente, auspicava un incremento dei decessi (e, di conseguenza, dei suoi potenziali clienti) per il Coronavirus, giocando sull’ignoranza collettiva con un post che invitava a non lavarsi le mani, a toccarsi spesso naso e bocca, a non coprirsi quando si tossisce.

Insomma, un vademecum di raccomandazioni al contrario che non è stato gradito dal popolo della rete. L’indignazione che cominciava a farsi strada su Twitter ha spinto Taffo a eliminare in fretta il tweet e a dichiarare di voler fare “un passo indietro rispetto alle istituzioni” con un video del responsabile commerciale Alessandro Taffo che debutta con la frase “In tanti ci state chiedendo un post sul coronavirus”, lasciando supporre che sul Coronavirus non si fossero proprio espressi, in un disperato quanto maldestro tentativo di obliterazione, che sembra tuttavia aver dato i suoi frutti (quasi nessuno parla della gaffe).
Gli screenshot comunque parlano chiaro: l’eliminazione del tweet è stato un passo falso in partenza, e Taffo si è comunque vista costretta ad ammetterne l’esistenza, senza tuttavia scusarsi (per la cronaca, anche quest’ultimo tweet è stato eliminato).

Insomma, l’umorismo caustico di Taffo è risultato decisamente fuori luogo in questo periodo di “psicosi collettiva”. A contribuire al clima apocalittico ci sono le sconvolgenti immagini dei supermercati quasi completamente svuotati, saccheggiati in massa come se fossimo all’alba di un olocausto nucleare. Ha destato l’attenzione dei social il fatto che, in mezzo a scaffali quasi vuoti, campeggiassero pile di confezioni di penne lisce avanzate. Questa tipologia di pasta era già stata in passato oggetto di scherno da parte della rete e vederla rimanere invenduta perfino in un’occasione del genere sembra aver confermato a molti quanto le penne lisce siano poco gradite ai consumatori.

Sebbene “l’odio” collettivo per le penne lisce non sia legato a uno specifico brand, una delle immagini più diffuse sui social reca in bella vista il marchio De Cecco, che ha intelligentemente risposto con un post: “Non tutte le #pennelisce sono lisce allo stesso modo: è la trafilatura al bronzo del Metodo De Cecco a renderle squisite!”.

A proposito di brand e di psicosi collettiva, nel resto del mondo non è certo andata meglio: secondo un sondaggio riportato dal New York Post, gli americani sarebbero restii ad acquistare la birra Corona a causa dell’associazione fra il nome del prodotto e il Coronavirus; lo conferma un’indagine di YouGov, il crollo del titolo in borsa (-8%) e milioni di ricerche effettuate su Google. La situazione è tale che l’azienda produttrice si è vista costretta ad emettere un comunicato che smentisce ogni possibile correlazione con il Virus.
Pare che tutto sia nato da alcuni meme assolutamente innocui, che hanno portato ad una situazione purtroppo degenerata in diversi paesi del mondo, che causerà ingenti danni economici al noto marchio di birra: si stimano perdite dei ricavi per circa 285 milioni di dollari.

È chiaro quindi che, in un’epoca in cui la rete riesce ad influenzare in modo così profondo il pensiero dei consumatori, sia necessario per qualunque brand rimanere costantemente informato su ciò che avviene online e sulle ripercussioni che questo possa avere per la propria reputazione, trovando il modo giusto per sfatare una “bufala” o per rispondere all’ironia del web, stando sempre attenti a non esagerare: la “gogna” social, per un brand, è sempre dietro l’angolo.

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